Riconoscenza. Un termine dal significato così puro e pieno di valori. Una parola che evoca una nobiltà di animo così distante dal mondo attuale. Da quello della vita di tutti i giorni. Ancor di più da quello sportivo, calcistico nello specifico. Chi scrive ha smesso di credere nell’esistenza di questo termine poco meno di cinque anni fa: era il febbraio 2017 ed il Leicester esonera Claudio Ranieri. Quello che ha vinto uno scudetto in Premier League con il Leicester. Con il Leicester, capito? Quella squadra poteva anche retrocedere, poteva non vincere più una partita e terminare il campionato a zero punti, ma mai avrebbe dovuto allontanare colui che ne ha fatto la storia. Eterna. Perchè, rischiando di oltrepassare il limiti di fisica e di iperspazio, per rivedere la vittoria di un campionato nel Leicestershire sarà (forse) necessario un universo parallelo o un viaggio con la macchina del tempo.
Figurarsi quindi se può sorprendere ciò che è successo stamani dalle parti di Stamford Bridge: l’ultima parte di un atto già scritto e strutturato ben prima della obrobriosa prova di ieri sera a Zagabria. Boehly e soci avevano già deciso tutto precedentemente, dopo un inizio di stagione obiettivamente preoccupante in cui i blues, gara con il Tottenham a parte, avevano fatto vedere poco. Troppo poco. La gara di ieri non ha fatto altro che porre le firme su un foglio che non attendeva che di essere riempito. Una persona intelligente come Thomas Tuchel aveva già capito (forse da tempo?) ciò che stava succedendo. Un capitano, un condottiero, può essere tale solo il gruppo lo segue. Altrimenti è nulla, niente. Solo una barca in mezzo al mare. E la barca, alla prima tempesta, affonda.

Rivedete ieri (e non solo ieri) l’atteggiamento del mister e tutto sarà più facile da capire. Lui, già sapeva. Perchè lui, a differenza di quei mocciosi che guadagnano tanti denari e che postano storie su instagram, ha un intelletto. E quando usi quella materia grigia che ti è stata donata, capisci. Altrimenti, pensi di capire. Magari, pensi anche di aver vinto. Giusto “lads”? Oggi al campo di allenamento, con Anthony Barry alla guida, alcuni di voi saranno contenti. Sotto quel viso oscuro, aperte di un copione ben scritto e ottimamente interpretato, ci saranno tanti sorrisetti. Quelli perfidi di chi non ha le palle per affrontare le cose che non gli vanno bene. Quelli perversi di chi pensa di aver vinto, quando invece ha perso. Su tutti i fronti. Perchè arriveranno, ragazzi, il giorno in cui sarete costretti a rispondere da soli alle vostre scelte. Arriveranno. Sarà solo questione di tempo. I forti resisteranno ed andranno avanti. I deboli, fate voi..
Oggi, non ha vinto nessuno.
I calciatori in primis, manifesto cristallino della mediocrità.
Non ha vinto la società che, dopo aver assecondato tutti (o quasi) i desideri del manager, lo esonera dopo appena sette gare. Giocate male, per carità, ma sempre sette gare! E lo manda via amputandogli idee di mercato ( su tutte l’ostracismo verso l’arrivo di Cr7 tanto voluto da Boehly) differenti. Se tutto questo fosse accaduto a luglio, avrebbe avuto senso. Farlo oggi, dopo un mercato coordinato insieme, molto meno.

Non ha vinto chiaramente nemmeno Thomas Tuchel, che esce però dalla scena a testa alta. Ed è l’unico a farlo. Perchè, con tutti gli errori che può aver commesso, è l’unico ad essersi preso sempre le responsabilità. E lo farà anche oggi, dopo una telefonata (così ci viene detto) che lo ha toccato molto. Ma se ne va da uomo. Con il rispetto di tutti (Giornalisti, addetti stampa, cronisti, tifosi) e con l’amore di tanti cuori blues che sparsi per il mondo, per una volta, per una cazzo di volta, potevano rispecchiarsi in una figura che potesse rappresentarli e farli sentire orgogliosi. A lungo. Un uomo che con il suo modo di fare ed il suo lavoro ha conquistato Londra dal primo giorno, quel 26 gennaio 2021, in cui si insediò al posto di Frank Lampard. Anch’esso mandato via dal “gruppo”(il virgolettato non è un refuso). Come prima Conte, Mourinho (due volte), Di Matteo etc etc etc..Cambiano i giocatori, non la sostanza. Un DNA evidentemente ben radicato negli spogliatoi di Cobham.
Forse non cambierà nulla, forse tutto. Questo nessuno lo sa. Oggi quel che che sappiamo è che saluta Stamford Bridge una persona per bene ed un allenatore preparato: lo fa con una valigia contenente tre trofei di “discreta” importanza e con del sangue blues nelle vene. Perchè Tuchel un giorno, quando sarà pronto, racconterà cosa è stato il Chelsea per lui. Nel frattempo, quando avrà mancanza di quel che sono stati questi ultimi venti mesi, potrà sempre accendere la tv e cercare tre luoghi: Porto, Belfast e Abu Dhabi. E la tristezza lascerà spazio ai sorrisi. Quelli che con i Suoi ragazzi, ha regalato ad un popolo intero. Quello che sa cosa vuol dire, riconoscenza.
Pierluigi Cuttica